sonia bergamasco

L'uomo seme

da L’uomo seme di Violette Ailhaud (traduzione di Monica Capuani)
racconto di scena ideato e diretto da Sonia Bergamasco

 

drammaturgia musicale a cura di Rodolfo Rossi e del quartetto vocale Faraualla
regia Sonia Bergamasco
con: Sonia Bergamasco, Rodolfo Rossi, Loredana Savino, Gabriella Schiavone, Maristella Schiavone, Teresa Vallarella
scene e costumi Barbara Petrecca
luci Cesare Accetta
cura del movimento Elisa Barucchieri
assistente alla regia Mariangela Berardi
costumi realizzati presso la sartoria del Teatro Franco Parenti diretta da Simona Dondoni
Produzione Teatro Franco Parenti/Sonia Bergamasco
si ringrazia per la collaborazione Triennale Teatro dell’Arte, e il Comune di Lucera

 

I rappresentazione Milano, Triennale Teatro dell’Arte – 16 gennaio 2018

L’uomo seme è un racconto corale in forma di ballata, in cui narrazione, canto e azione scenica trovano un punto di equilibrio essenziale. All’indomani della prima guerra mondiale, in un villaggio tra le montagne dell’Alta Provenza, sono morti tutti gli uomini. Il paese è abitato solo da donne e bambini. «La guerra è raccontata al femminile e ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti.

(…) Ma che cosa c’entro io, in e ffetti, con quelle donne di un villaggio francese del XIX secolo? Che cosa mi spinge a dare loro voce? Prima di tutto, un’intuizione musicale. Nel libro La guerra non ha un volto di donna, Svetlana Aleksievic – premio Nobel 2015 per la letteratura – racconta di villaggi di sole donne dove la sera ci si riunisce per parlare di figli, mariti e padri assenti, di amore, di desiderio, di dolore. “La guerra la raccontano le donne – scrive la Aleksievic. Piangono. O cantano, ma è anche questo un pianto.” Il canto, dunque, come espressione primordiale. E le Faraualla – gruppo vocale pugliese con una lunga e gloriosa storia alle spalle – mi sono sembrate da subito le protagoniste ideali del racconto. L’unica figura maschile, “l’uomo seme” appunto, è un maniscalco, e Rodolfo Rossi, musicista, didatta e percussionista di valore ne è per me l’interprete perfetto. Ho subito immaginato nascere questo racconto di scena attorno a un grande albero teatrale. Un albero-casa, un albero sonoro, un’invenzione di paesaggio attraversata dalla luce. Barbara Petrecca è l’artista-artigiana che l’ha realizzato. Successivamente, ho scoperto che SauleMort, il luogo di nascita e di morte di Violette Ailhaud significa, letteralmente, salice.