sonia bergamasco

Few events, utterly happy

scenes from a marriage

with Sonia Bergamasco and EsTrio
music by Clara and Robert Schumann
original dramaturgy by Maria Grazia Calandrone


Performed at Milan, Festival MiTo - 2010

The concert-show we are presenting today springs from the names of Clara and Robert Schumann and interweaves an original poetic text for the theater with a musical dramaturgy invented and articulated to complete this text and put it in operation. In the words of Clara at her husband’s bedside shortly before his death, the human and spiritual adventure of a pre-destined encounter emerge, in which only the vivid, wrenching voice of the music keeps alive the presence-absence of Robert, by now reduced to silence. One voice, that of the music, which sometimes insinuates itself into the text and sometimes surfaces impetuously to re-evoke Schumann’s multiform emotional personality. The structural dynamics between text and music, the constant tightly-knit dialogue between them, and the scenic articulation of the piece were “orchestrated” by the four soloists onstage today, in a series of lively and “reckless” rehearsals (we all had an urgent desire to experiment!), with the valuable contribution of Antonella Agati, who very much wanted us to meet, who followed the birth of the piece and who curated its visual realization with passion.
To Maria Grazia Calandrone, the magnificent author of the text, goes all our appreciation for responding with such enthusiasm to our “commission” with a work of profound musicality.

 

Sonia Bergamasco, Laura Gorna, Laura Manzini, Cecilia Radic

Clara (Sonia Bergamasco) è una donna non comune che fa cose comuni. Ma le fa tutte grandemente e umilmente, perché grande e umile è la sua persona. Clara entra in scena entrando nella camera dell’ospedale psichiatrico dove è ricoverato il suo Robert in fin di vita e attacca discorso con lui scherzando un po’, anche sostenuta da un filo incandescente di rabbia e anche mascherata dietro la maschera necessaria a celare l’imbarazzo quando andiamo a trovare un malato, qualcuno che stentiamo a riconoscere in quel luogo e in quella provvisoria deformità.
Ma stando seduta accanto a lui a parlare, offrendogli il cibo che ha fatto per lui con le sue mani di moglie, Clara viene pian piano sopraffatta dalla confidenza coniugale, le sgorgano dagli occhi e dalla bocca i ricordi, le ore, i luoghi e gli episodi dell’amore, che sempre più infiammata condivide con Robert, sempre più fiduciosa che nel corpo vivo della memoria comune anche lui trovi la superficie dalla quale risorgere, e Robert – l’Amato, il Compositore – compia per lei e attraverso lei il miracolo di tornare. Ci vuole poco a ritrovare le attitudini e le inclinazioni di un amore durato decenni: Clara parla con la bocca dell’amore coniugale, erotico, amicale, materno, di socia e di compagna di viaggio e di lavoro, parla da ognuna delle specie di donna che è ogni specie di donna, parla da dentro una cieca fiducia domestica che nessun lutto e nessun trauma hanno avuto la brutalità di incrinare, parla priva di senso di realtà o forse avendo raggiunto, insieme con il suo interlocutore presente-assente, forse proprio parlando al vuoto bianco che si è sdraiato sul letto al posto del suo Robert, la realtà più reale.
Ho assistito recentemente a una prova d’insieme di tutto ciò e sono stata a sedere composta e muta come una installazione di sale sulla mia sedia bianca, perché le mie parole, quel lungo grido d’amore che ho avuto l’onore di essere chiamata a comporre, pronunciato dalla voce perfetta di Sonia Bergamasco – perfetta nei volumi e nelle intenzioni – mescolato alla musica irruenta, imperiosa e sublime di Robert e Clara Schumann, eseguite con tanta fisica passione a mezzo metro da me, erano quasi troppo per una signora della mia età, benché la sottoscritta sia ormai da lungo tempo cosciente di quanto pericolosa e feroce sia la bellezza…

Maria Grazia Calandrone