sonia bergamasco

Pochi avvenimenti, felicità assoluta

scene da un matrimonio

con Sonia Bergamasco e EsTrio
Musiche di Clara e Robert Schumann
Drammaturgia originale di Maria Grazia Calandrone


I rappresentazione Milano, Festival MITO – 9 settembre 2010

Il concerto – spettacolo che oggi presentiamo al pubblico nasce nel nome di Clara e Robert Schumann e intreccia una scrittura originale di poesia per il teatro con una drammaturgia musicale pensata e articolata in funzione e a compimento di questa scrittura. Nelle parole di Clara, al capezzale del marito poco prima della sua morte, fiorisce l’avventura umana e spirituale di una incontro predestinato, in cui solo la voce della musica mantiene viva e lancinante la presenza – assenza di Robert, ormai ridotto al silenzio. Una voce, quella musicale, che talvolta si insinua nel testo e talvolta ne emerge impetuosamente per rievocare la multiforme personalità emotiva schumanniana. Le dinamiche compositive tra testo e musica, il dialogo serrato e costante tra di essi, e l’articolazione scenica del lavoro sono stati “orchestrati” dalle quattro soliste oggi in scena, in una serie di incontri di prove molto vivaci e “spericolati” (ciascuna di noi aveva il desiderio e l’urgenza di sperimentare!), con il prezioso contributo di Antonella Agati, che ha fortemente voluto il nostro incontro, ha seguito la nascita del lavoro e ne ha curato con passione la realizzazione visiva.
A Maria Grazia Calandrone, magnifica autrice del testo, va infine tutta la nostra riconoscenza per aver risposto con entusiasmo alla nostra “commissione” con un’opera di profonda musicalità.

 

Sonia Bergamasco, Laura Gorna, Laura Manzini, Cecilia Radic

Clara (Sonia Bergamasco) è una donna non comune che fa cose comuni. Ma le fa tutte grandemente e umilmente, perché grande e umile è la sua persona. Clara entra in scena entrando nella camera dell’ospedale psichiatrico dove è ricoverato il suo Robert in fin di vita e attacca discorso con lui scherzando un po’, anche sostenuta da un filo incandescente di rabbia e anche mascherata dietro la maschera necessaria a celare l’imbarazzo quando andiamo a trovare un malato, qualcuno che stentiamo a riconoscere in quel luogo e in quella provvisoria deformità.
Ma stando seduta accanto a lui a parlare, offrendogli il cibo che ha fatto per lui con le sue mani di moglie, Clara viene pian piano sopraffatta dalla confidenza coniugale, le sgorgano dagli occhi e dalla bocca i ricordi, le ore, i luoghi e gli episodi dell’amore, che sempre più infiammata condivide con Robert, sempre più fiduciosa che nel corpo vivo della memoria comune anche lui trovi la superficie dalla quale risorgere, e Robert – l’Amato, il Compositore – compia per lei e attraverso lei il miracolo di tornare. Ci vuole poco a ritrovare le attitudini e le inclinazioni di un amore durato decenni: Clara parla con la bocca dell’amore coniugale, erotico, amicale, materno, di socia e di compagna di viaggio e di lavoro, parla da ognuna delle specie di donna che è ogni specie di donna, parla da dentro una cieca fiducia domestica che nessun lutto e nessun trauma hanno avuto la brutalità di incrinare, parla priva di senso di realtà o forse avendo raggiunto, insieme con il suo interlocutore presente-assente, forse proprio parlando al vuoto bianco che si è sdraiato sul letto al posto del suo Robert, la realtà più reale.
Ho assistito recentemente a una prova d’insieme di tutto ciò e sono stata a sedere composta e muta come una installazione di sale sulla mia sedia bianca, perché le mie parole, quel lungo grido d’amore che ho avuto l’onore di essere chiamata a comporre, pronunciato dalla voce perfetta di Sonia Bergamasco – perfetta nei volumi e nelle intenzioni – mescolato alla musica irruenta, imperiosa e sublime di Robert e Clara Schumann, eseguite con tanta fisica passione a mezzo metro da me, erano quasi troppo per una signora della mia età, benché la sottoscritta sia ormai da lungo tempo cosciente di quanto pericolosa e feroce sia la bellezza…

Maria Grazia Calandrone